Siamo a una tappa fondamentale dell'integrazione europea. Svanito il sogno prematuro di un'Unione di difesa e di un'Unione politica, si riprende immediatamente il lavoro e si torna all'opzione di mercato: quella del trattato CECA, ma si estende il campo del mercato. Non appena questi due prodotti simbolici, il carbone e l'acciaio, simbolo, nel passato, dell'inimicizia franco-tedesca, delle opposte egemonie, ma il mercato tout-court. Conferenza di Messina, su iniziativa italiana, in modo particolare, nel 1955; e poi la commissione Spaak che prepara il lavoro. Si arriva al 1957, i Trattati di Roma, 25 marzo, firmati in Campidoglio: il Trattato istitutivo della Comunità Economica Europea, la CEE e il Trattato EURATOM, per l'energia nucleare a scopo pacifico, poi finito un po' in secondo ordine per la difficoltà di conciliare i diversi punti di vista europei. Il Trattato CEE è il trattato fondamentale, è l'architettura della futura comunità europea e della futura Unione europea. Vorrei ricordare in modo particolare che si determina col trattato CEE una situazione abbastanza anomala, perché coesistono 3 diverse comunità e sarà il problema dei primi anni '60. Da una parte abbiamo la CECA ancora, con la sua Alta Autorità, dall'altra parte abbiamo la CEE, con la Commissione e in terzo luogo abbiamo l'EURATOM, anch'esso con la Commissione, il Consiglio e la rappresentanza parlamentare. Il primo superamento di questa anomalia avverrà negli anni '60 col trattato di fusione che fonde le tre comunità in istituzioni uniche: un unico Consiglio e un'unica Commissione ed è il primo luglio 1967. Debutterà la Commissione Jean Rey, che è appunto una Commissione che si occupa di tutte e tre le comunità. Ma gli anni '60 sono caratterizzati dalle prime difficoltà applicative della CEE, in modo particolare dalla posizione del generale De Gaulle, Presidente della Repubblica in Francia che tende da un lato ad accentuare gli elementi intergovernativi rispetto a quelli di attribuzione dei poteri sovranazionali, alle istituzioni sovranazionali, il cosiddetto piano Fouchet; e poi dall'altro una, come dire, infastidita reazione alla domanda di ingresso nella comunità della Gran Bretagna. Sono le difficoltà che portano alla cosiddetta crisi della sedia vuota, nel 1965, col ritiro delle delegazioni francesi dalle varie istituzioni comunitarie. Si arriva a un compromesso, il compromesso di Lussemburgo, del gennaio 1966 che in pratica riconosce, per le questioni fondamentali, un quasi diritto di veto per gli Stati membri. Io ho fatto un'esperienza abbastanza singolare: negli anni '80 il compromesso di Lussemburgo era ancora perfettamente in vita, lo si evocava per non invocarlo, cioè per non applicarlo, ma qualche volta si arrivava a delle situazioni estremamente difficili, come nel settore agricolo. Ricordo 52 ore di lavoro, pressoché ininterrotte, nel 1985 sotto Presidenza italiana e il compromesso di Lussemburgo invocato dalla delegazione tedesca. Un piccolo sguardo finale alla situazione fuori dei paesi europei. Nel 1960 si costituisce un'unione a 7, l'EFTA, che è un'associazione di libero scambio tra 7 paesi che sono paesi che poi a poco a poco entreranno nella comunità, salvo la Svizzera che è in pratica ancora fuori dall'orizzonte comunitario, ma la storia continua.
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