Abbiamo visto la ripresa dello slancio comunitario nel 1969, la conferenza dell'Aja con quel che segue. Abbiamo adesso di fronte gli anni '70. Gli anni '70 li esaminiamo, questa volta, tematicamente, per capire meglio il senso delle cose che avvengono. Ci sono tre fattori evolutivi. Il primo riguarda il numero dei Paesi che stanno dentro la Comunità Economica Europea. È il problema dell'allargamento. Il secondo è il problema delle istituzioni che evolvono e il terzo fattore evolutivo è quello delle politiche che si ampliano e si sviluppano. Cominciamo adesso dal primo di questi tre filoni evolutivi: l'allargamento. Negli anni '70, si ha il primo allargamento della storia dell'Unione europea. Primo gennaio 1973, entrano nella CEE, come si chiamava allora, Gran Bretagna, Irlanda e Danimarca, manca la Norvegia, che pure aveva firmato il Trattato di adesione, ma un referendum non rettifica il Trattato. È un destino strano quello della Norvegia, si ripeterà esattamente la stessa cosa agli inizi degli anni '90, di nuovo la questione dell'adesione, di nuovo il no al referendum, è la questione della pesa che blocca l'adesione della Norvegia, alle istituzioni comunitarie. Questa prima tappa è di grandissima importanza, in modo particolare per la Gran Bretagna, il Regno Unito, entra con la sua specificità dentro la storia dell'Unione europea. La Gran Bretagna ha un atteggiamento pragmatico, diffida degli slanci eccessivi, preferisce attendere la verifica dei fatti, non entrerà ad esempio immediatamente nello SME, aspetterà qualche anno, non è ancora entrata nella comune, finirà per entrarci. Lo stesso per quanto riguarda le disposizioni sulla libera circolazione delle persone, gli accordi di Schengen e cosi via. In sostanza la presenza britannica aiuta quella concezione di un'Europa a più velocità che il mio grande maestro Jacques Delors aveva appunto posto come uno dei pilastri dell'evoluzione europea. L'Europa non può camminare sempre simultaneamente, occorre che ci sia una pattuglia più avanzata, che abbia però la saggezza storica di attendere che arrivino anche gli altri. Qual è il significato politico di questi allargamenti? Negli anni '70 tre Paesi europei escono da una lunga fase di dittatura, più o meno lunga. Il Portogallo, fase cominciata nel 1928; la Spagna, la dittatura franchista finisce nel 1975; nel 1974 la Grecia, che aveva avuto per un decennio il regime dei colonnelli, arriva alla libertà. Il dato fondamentale è che questi Paesi appena approdano alla democrazia e alla libertà si pongono immediatamente, simultaneamente, necessariamente l'obiettivo di aderire alla Comunità Europea. Questo è un grandissimo significato storico, è un ruolo storico dell'Europa comunitaria. Il destino dell'Unione europea è quello di aprirsi alla stessa storia degli stati nazionali. Io vorrei ricordare che la Grecia entrerà poi nel 1981, Spagna e Portogallo avranno bisogno di un po' più di tempo, entreranno nel 1986, però sono già essenzialmente dentro il processo di integrazione europea. Io ho un ricordo particolare di alcuni uomini: Costas Simitis per la Grecia, mio omologo come ministro dell'agricoltura, era tra i romani, era tra i giovani studenti universitari che vennero a Roma, per sfuggire al regime dei colonnelli, un uomo straordinario. L'altro personaggio che ricordo qui con simpatia è Javier Solana, che pure ha una sua storia importante, fu il mio omologo quando avevo responsabilità nei settori della ricerca e dello sviluppo tecnologico a Bruxelles. Ma vorrei da ultimo ricordare che una teorizzazione del ruolo dell'Europa nei confronti degli altri Paesi che sarebbero arrivati alla democrazia dopo la caduta del muro di Berlino, mi venne fatta da James Baker III, il Segretario di Stato americano all'epoca di Bush senior, il quale pronunciò un celebre discorso a Berlino a meno di un mese dalla caduta del muro, nel dicembre 1989, sulla nuova Europa, un nuovo atlantismo, l'architettura di una nuova era. Mi presentò tra l'altro chi gli ave
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