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CURTI GIALDINO 3
Il tema della giurisdizione comunitaria implicherebbe un esame delle vie di ricorso dei rimedi giurisdizionali che il diritto comunitario offre. Questo non è possibile in un quadro succinto e pertanto, per dare il senso dei compiti della giurisdizione comunitaria, vorrò trattare esclusivamente due tipi di azioni: una che nasce da un ricordo diretto e una che nasce da una domanda di un giudice nazionale. Il ricorso diretto che voglio prendere in considerazione è quello che riguarda l’inadempienza degli Stati membri rispetto agli obblighi loro imposti dal diritto comunitario. Quest’azione, chiamata normalmente azione per infrazione o per inadempimento, nella quasi totalità delle ipotesi è instaurata dalla Commissione europea ed è suddivisa in due fasi. Una prima fase, detta precontenziosa si articola in due sub-fasi: la fase della lettera messa in mora che la Commissione europea indirizza agli Stati membri presunti inadempienti e che da allo Stato membro l’idea di qual è l’addebito e soprattutto dà allo Stato membro la possibilità di far conoscere la propria opinione. Se questa posizione dello Stato non convince la Commissione europea, la Commissione europea indirizza allo Stato un parere motivato e dà un termine allo Stato entro il quale deve mettere in conformità il proprio ordinamento giuridico come da obblighi comunitari. Se lo Stato non vi provvede la Commissione europea può adire la Corte di giustizia e sentirle dichiarare, eventualmente, l’inadempienza dello Stato membro. La sentenza della Corte di giustizia si impone allo Stato membro che è tenuto a rispettarla. Ma all’inizio degli ani ’90 si era notato che c’erano molte sentenze della Corte che non erano state eseguite e allora il Trattato di Maastricht del 1992, ha stabilito che nel caso di inosservanza del giudicato la Commissione europea può ritornare alla Corte di giustizia e chiedere alla Corte di giustizia di irrogare una sanzione pecuniaria allo Stato inadempiente. L’altra funzione della Corte è quella di instaurare un dialogo con i giudici nazionali. È una prerogativa e una peculiarità quella del sistema giudiziario comunitario quella di aver previsto il rinvio pregiudiziale. Quando, davanti a una giurisdizione nazionale, si pone una questione di diritto comunitario, il giudice nazionale può, se non è un giudice di ultima istanza, deve, se è un giudice di ultima istanza, domandare alla Corte di giustizia: vuoi l’interpretazione del diritto comunitario, vuoi la valutazione e l’accertamento della validità del diritto comunitario. La sentenza della Corte di giustizia si impone al giudice nazionale che è tenuto ad osservarla, sempre che voglia utilizzare per la soluzione della controversia la norma di cui ha chiesto alla corte l’interpretazione. Questo tipo di competenza della Corte ha consentito alla Corte di giustizia nei suoi 50 anni di funzionamento di stabilire una serie di principi di struttura del sistema, principi fondamentali del sistema. Principi che voi non trovate scritti nei Trattati. Uno di questi ora figura nel testo della costituzione, firmato il 29 ottobre del 2004, ed è il principio del primato del diritto comunitario, la prevalenza del diritto comunitario sul diritto degli Stati membri. Ma il principio, secondo me, più importante, affermato dalla Corte è il principio dell’efficacia diretta delle norme comunitarie, cioè la possibilità che queste norme si dirigano direttamente ai cittadini che ne possano beneficiare, che possono farsele applicare davanti ai giudici nazionali, per far disapplicare la normativa interna contrastante. Ed infine, per chiudere, la tutela dei diritti fondamentali che la Corte di giustizia ha affermato fin dal 1969 come principio generale del sistema e che ha dato atto a una grandissima giurisprudenza comunitaria ben prima che a Nizza venisse firmata la carta dei diritti fondamentali nel dicembre del 2000.
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