Alla fine degli anni ''90 il tema della sicurezza diventa, se così possiamo dire, un tema prepotente per l''Europa. Perché il mondo sta cambiando, ci si rende conto che i pericoli alla sicurezza per i cittadini d''Europa debbono essere affrontati con delle risposte più forti, ci si rende conto che occorre più cooperazione, ci si rende conto, forse, per la prima volta, che l''Europa rischia di essere solamente consumatore di sicurezza e non anche produttore di sicurezza. Avevamo vissuto decenni coperti dall''ombrello della NATO, dagli Stati Uniti d''America, ma ci rendiamo conto che qualcosa è ormai cambiato. Nel 2000 si firma a Nizza la Carta europea dei diritti fondamentali, che individua alcuni pilastri per le libertà delle persone, e individua il diritto alla sicurezza come uno dei pilastri per lo sviluppo politico dell''Unione europea. Nel 2001 l''attacco al mondo libero e democratico viene sferrato dal terrorismo. Il mondo cambia e quindi, ovviamente, ci si rende conto che l''Europa non può più essere indifferente, deve essere attiva in una politica che, insieme, ormai 15 paesi membri stanno elaborando per più cooperazione, più scambio di informazioni, procedure più snelle per combattere il terrorismo e la grande criminalità organizzata. In altri termini si dà contenuto ad uno spazio europeo di sicurezza, che non vuol dire più soltanto libera circolazione all''interno dei confini, che era la vecchia idea, limitata a quel tempo, dell''accordo di Schengen, ma si dice un''Europa che produce sicurezza, che permette a ciascun paese membro di avere informazioni in tempo più rapido, che permette di snellire le procedure ed ecco allora che si cominciano a dare segnali concreti. Nasce l''idea del mandato d''arresto europeo, uno strumento che per mettere a disposizione di un altro paese un sospetto terrorista non richieda più i tempi lunghi delle vecchie procedure di estradizione; si pensa a delle consegne rapide dei sospetti terroristi, si pensa a strumenti per accelerare le indagini. E quando poi il terrorismo colpisce al cuore dell''Europa: colpisce a Madrid nel 2004 e colpisce a Londra pochissimo tempo fa, noi siamo ancora più convinti della centralità di una risposta europea. Nessuno Stato membro da solo - oggi siamo 25 paesi membri -, neanche il più forte, il più grande, il più ricco dei paesi europei, può affrontare il terrorismo e la grande criminalità che non conosce frontiere, se non c''è una forte cooperazione, un forte intreccio di informazioni. Occorre allora elaborare, e lo stiamo facendo, lo abbiamo fatto a novembre del 2004 con quella che si chiama la strategia dell''Aja, definita dalla Presidenza olandese, lo stiamo facendo adesso come Commissione europea con un piano d''azione che ha individuato le grandi priorità. Le grandi priorità sono: più cooperazione operativa, coinvolgere i servizi segreti in un sistema di scambio informativo con le forze di polizia, pensare a delle banche dati che possano essere utili all''investigazione, ma ovviamente, nel pieno rispetto della privacy degli individui, e poi ovviamente, snellire le procedure. E grazie al mandato d''arresto europeo l''Italia, il nostro paese, è stata, ad esempio, in grado alla fine di luglio di arrestare, proprio a Roma, uno dei sospetti terroristi di Londra. Questo vuol dire che lo spazio europeo di giustizia e sicurezza sta facendo dei passi avanti. Sono dei passi avanti che storicamente stiamo costruendo perché i cittadini ce lo domandano, i cittadini ci chiedono più garanzie, ma ci chiedono soprattutto il diritto di poter andare in autobus o in metropolitana senza paura di saltare in aria perché un kamikaze si fa esplodere in mezzo a loro.
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